Por favor, use este identificador para citar o enlazar este ítem: http://hdl.handle.net/10637/13170
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dc.creatorFrignani, Aldo-
dc.date2010-
dc.date.accessioned2021-11-19T05:00:11Z-
dc.date.available2021-11-19T05:00:11Z-
dc.date.issued2010-04-01-
dc.identifier000000724897-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/10637/13170-
dc.descriptionEn: Arbitraje: revista de arbitraje comercial y de inversiones. eISSN. 2603-9281. vol. 3, n. 1, 2010, pp 15-42-
dc.description.abstractL’intervento dell’arbitrato nella proprietà industriale in Italia è cambiato significativamente nell’ultimo mezzo secolo. Partendo dalla constatazione che la concessione di un brevetto è un atto della Pubblica Amministrazione, dottrina e giurisprudenza hanno tracciato la distinzione tra esistenza, estensione e validità dei diritti di proprietà industriale, le cui dispute appartengono alla competenza esclusiva dei Giudici (perché sono implicati profili di interesse pubblico) e gli aspetti patrimoniali dello sfruttamento di tali diritti (ciò che avviene generalmente con i contratti di trasferimento di tecnologia), che rientrano nei diritti disponibili delle parti. Tutte le controversie relative a questi ultimi aspetti costituiscono materia arbitrabile. Lo studio poi passa in rassegna le singole norme contenute nel Codice della Proprietà Industriale (legge 10 de febrero de 2005, n. 30) che disciplinano, dettandone anche i limiti, l’arbitrato e conclude che talvolta tali norme raffigurano un vero e proprio arbitrato, tal altra una sorta di “arbitraggio” dove gli arbitratori molto spesso devono decidere con “equo apprezzamento”. La successiva riforma dell’arbitrato (contenuta nella legge 2 de febrero de 2006, n. 40) estende l’arbitrabilità a tutte le dispute che non hanno per oggetto diritti indisponibili (come sarebbe il caso della validità di un brevetto) e conferisce loro il potere di risolvere anche questioni indisponibili, ma in tal caso la loro decisione non potrà acquisire efficacia di giudicato e cioè sarà una conoscenza incidenter tantum.it_IT
dc.description.abstractThe use of arbitration in IPR matters in Italy has tremendously evolved in the last half–century. The decisive distinction which has been drawn is between the existence, scope and validity of an IPR, which pertains to the exclusive jurisdiction of judges (since it implies profiles of public interest) and the economic aspects of its exploitation (generally by means of transfer of technology agreements), which fall within the parties’ freedom to dispose of. All disputes over the latter aspects are now arbitrable. The study highlights each of the rules contained in the Code of Industrial Property (law of 10 February 2005, n. 30) dealing with (and setting the limits of) arbitration, and concludes that sometimes they refer to a proper arbitration, sometimes to a kind of technical expertise (“arbitraggio”), in many cases bound to decide ex aequo et bono. The sub–sequent reform of the arbitration (law of 2 February 2006, n. 40) extends the arbitrability to all disputes except those over right which the parties can not dispose of (like the validity of a patent), although they are empowered to solve also such disputes with a decision which is not destined to become res judicata (incidenter tantum).en_EN
dc.formatapplication/pdf-
dc.language.isosp-
dc.rightshttp://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/deed.es-
dc.subjectArbitrato.it_IT
dc.subjectArbitrabilitá.it_IT
dc.subjectProprietá industriale.it_IT
dc.subjectArbitration.en_EN
dc.subjectArbitrability.en_EN
dc.subjectIndustrial property.en_EN
dc.titleL'arbitrato nella proprietà industriale.it_IT
dc.typeArtículo-
Aparece en las colecciones: 2010 Arbitraje nº 1




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